La prima della classe.

La verità è che mi sono sempre piaciute le ragazze del primo banco, quelle col maglione largo, monocolore, con i jeans larghi e le scarpe da ginnastica bianche. Con la testa sempre china sul libro, e con una parvenza d’acne. Quelle che il sabato non le trovavi in discoteca, con la birra in mano, ballando disinvolte come se non avessero mai fatto altro nella vita. Ecco, mi piacevi proprio tu, ti piacevo io, ma l’ho scoperto quando ormai i giochi erano fatti. Quando ormai ci si poteva scherzare solo sopra, tu secchiona e io indisciplinato e senza regole. E’ stato comunque bello rivederti.

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Io, te e gli specchi.

Ti ricordi com'è iniziato tutto? Forse no, o forse hai rimosso. Bé, eravamo due ragazzini, tu sulla retta via e io il ragazzotto coatto di borgata. Tu credevi che la vita fosse cemento, acqua e ghiaia mentre per me erano pennelli, colori acrilici e tela.
Tu sognavi di fare la ragioniere, di tenere i conti apposto e di amoreggiare con i consuntivi perfetti. Io, a differenza tua, sognavo di vivere una vita fatta di piacere, di sentimenti,
di coccole e di sesso. Sì, per me la vita è un mozzico, e perché il lavoro non parla, non coccola e non ti fa sentire vivo. Insomma, tu perfettina e il solito sognatore senza speranze.
Dicevi di amarmi e te lo dicevo anch'io. Quelle dichiarazioni fatte così, su due piedi, un pò per incoscienza e un po' perchè son cose che si pensano in buona fede senza valutare che due come noi, nemmeno il diavolo li avrebbe mai fatti stare insieme. Ricordo poi - e me lo ricordo bene - che il primo a stancarsi ero stato proprio io, quando non mi facevi volare, giocare con te, quando non sapevi ridere delle cose da ride e, nel sesso, non sapevi giocare, non sapevi emozionarti e la vivevi come una privazione del tempo dedicato alle faccende domestiche.
E decisi di metterci una pietra sopra. Avevi il viso pieno di lacrime e, io che sono più umano di te, decisi di andare oltre e di pensare che forse, col tempo, nonostante tutto, saremmo potutti essere felici.
Ma quel rispetto che ti ho donato, sotto le false spoglie di un'amore che non era amore, non l'hai mai ricambiato, ed anzi, sei stata dura come si dovrebbe essere duri col più lurido, nefasto e volgare degli uomini esistenti sulla faccia della terra. Sono passati mesi e poi gli anni, la vita non ha premiato né te né me, ma in tutto questo è lo specchio a renderci diversi, tu poco soddisfatta e io pieno dei miei credo e col sorriso sulla labbra. Lo stesso sorriso di chi per vivere bene ha bisogno di vedere lo specchio senza rimorsi. La gente come me, la mattina, si deve sentire giusto e pulito. Lo specchio ci separa e, mentre ti spazzoli i denti, ripenserai a quel ragazzo che per tanto tempo si è privato di sé stesso per darti il mondo senza avanzare pretese. L'unico regalo vero che mi hai fatto, è stata la tua assenza, il tuo grigio e l'odore dell'ammoniaca per casa.

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