Le cose che non mi spiego...
E ci sono quelle domande che mi pungono la mente, che sono lì da tempo senza una risposta. Sono quelle cose che ti riaffiorano nei cinque minuti di pausa lavoro o quando sei seduto sul trono ad espletare i tuoi bisogni. Non mi spiego la varietà dei modi in cui la gente vuole il caffè. Non mi spiego cosa sentono nello stomaco le farfalle innamorate. Non mi spiego la vicinanza dei corpi e la distanza dei cuori. E non mi spiego te che dici di amarmi ma non trovi mai l’occasione per dimostrarmelo, ma soprattutto non mi spiego io che ancora ho voglia di te.
Le cose che non mi spiego...
TI AMO...
Tu mi dai sicurezza e sei la persona più insicura di questo mondo.
I bambini, credono a qualunque cosa.
La prima della classe.
La verità è che mi sono sempre piaciute le ragazze del primo banco, quelle col maglione largo, monocolore, con i jeans larghi e le scarpe da ginnastica bianche. Con la testa sempre china sul libro, e con una parvenza d’acne. Quelle che il sabato non le trovavi in discoteca, con la birra in mano, ballando disinvolte come se non avessero mai fatto altro nella vita. Ecco, mi piacevi proprio tu, ti piacevo io, ma l’ho scoperto quando ormai i giochi erano fatti. Quando ormai ci si poteva scherzare solo sopra, tu secchiona e io indisciplinato e senza regole. E’ stato comunque bello rivederti.
Io, te e gli specchi.
Pensieri post-lavoro.
Cose che pensi ma non dici.
E poi ne vedi di tutti i colori e di tutte le forme. Spesso hai pensieri luridi che rimangono tra te e te. Dai giudizi silenziosi e hai voglie inespresse. Guardi culi, visi, cosce e tette. Ma si sa che la professionalità non va mai mandata a puttane. Non fosse altro per lo stipendio a fine mese. Ma ieri, assorto nel mio lavoro è entrata una dea. Talmente prorompete che biascicavo le parole come gli ultimi degli alcolizzati, ad un tratto la hall si è intrisa del suo profumo. Un sorriso riflettente e due occhi di un celeste marino che potevi vederci il mare. Un passo dopo l'altro si avvicina al bancone, in default parte un'erezione che solo Dio sa che dolore tra i miei jeans stretti. Parlava, diceva qualcosa, ma nella testa mi si è spento qualcosa. La vedevo e immaginavo di spogliarla, di toccarla, di coccolarla e parlagli delicatamente all'orecchio. Sentivo addirittura i suoi profumi intimi. La generosa scollatura rapiva i miei occhi e, quando stavo per dirle qualcosa di osé, nel momento proprio che ho deciso di provarci, appare un marcantonio alle sue spalle dicendole, "Amore, ci prendiamo un caffè?". Addio fottuta erezione. Addio pensieri lussuriosi. Addio a te, che con me ti saresti divertita tra il congiuntivo e il sesso.